Vito D’Agostino: l’Inarrestabile leggenda del canottaggio pugliese

Nel mondo del canottaggio pugliese c’è una leggenda vivente che solca le acque con passione, energia e – diciamocelo – una dose infinita di empatia: Vito D’Agostino!

Storico canottiere e storico del canottaggio, istruttore, cantante e chi più ne ha più ne metta, Vito è l’anima del CUS Bari e un vero e proprio punto di riferimento per tutti noi.

Un atleta instancabile (con qualche trucco!)

Vito non è uno che si tira indietro: si allena praticamente ogni giorno, dando filo da torcere anche ai più giovani. Ma attenzione, ha i suoi segreti! Per esempio, non è mai stato un grande fan della corsa: durante l’ora e mezzo di jogging invernale, Lorenzo gli stava sempre davanti. Ma appena si entrava in sala pesi… boom! Vito diventava un titano e si riprendeva la sua rivincita!

Vito è stato Campione Italiano, Nazionale ai Mondiali Juniores e Azzurro Universitario. E ha vinto diversi titoli Master.

Una storia da film. Anzi da libro!

Oltre a solcare l’acqua, Vito ha anche navigato tra montagne di documenti per scrivere il libro Sotto il molo delle petroliere, una vera bibbia del canottaggio al CUS Bari. Per farlo, si è chiuso per mesi in casa di Bepi, nostro mitico allenatore e custode di un archivio unico: cronache, risultati e appunti su ogni gara e su ogni atleta. Se il canottaggio pugliese ha una memoria storica è grazie a Bepi: e se viene divulgata e costantemente aggiornata è grazie a Vito!

La copertina del libro

Storie epiche di remi e… documenti non validi!

1973: l’avventura di Nottingham

(dal racconto di Armando e Nicola)

Il nostro Otto era una macchina da guerra: Lorenzo capovoga, Armando a 2, Nicola a 3, Carlo a 5 e Vito a 7. Direzione: mondiali di Nottingham! Tutto bene, fino a quando a Milano arriva il colpo di scena: la carta d’identità di Vito “Gambacorta” non era valida per l’espatrio: mancavano le firme dei genitori in ultima pagina! Panico totale. Minacciamo di non partire senza di lui. Ma il responsabile della spedizione, De Capua, avrebbe trovato una soluzione. Partiamo. Ferruccio Callegari prende Vito, in lacrime, e lo porta prima a casa sua e poi a Mantova, dove erano in corso i campionati Senior. Pino Alba, il nostro responsabile, chiama il presidente Loiacono (Bepi era in viaggio con le barche). Papà Ignazio, grazie alle sue infinite conoscenze, procura a Vito il documento temporaneo (in trepidante attesa a Mantova). Due giorni dopo un taxi si ferma davanti alla palazzina universitaria, dove eravamo alloggiati, e ne esce una tuta azzurra: era Vito, l’eroe tornato alla base!

Quell’anno il bacino di Holme Pierrepont, stretto e lungo, fu spazzato da un fortissimo vento contrario, con onde anche di 40 cm: mai successo nei precedenti cinquant’anni. Il tempo dell’otto tedesco, medaglia d’oro, fu più alto di quasi 30 secondi. Noi, alla fine, nonostante fossimo l’unico equipaggio quasi PL, arrivammo secondi nella piccola finale. Vito fu determinante.

L’imbarco a Milano

L’Otto di Nottingham: da sinistra Vito, Saviano (Canottieri Napoli), Lorenzo, Carlo, Nicola, Firpo (Sampierdarenesi); in ginocchio Armando, il timoniere napoletano e Avino

1975: il 4 Jole e la Marina battuta (ma non ai campionati)

(dal racconto di Nicola)

Nel 1975, il 4 Jole del CUS Bari, De Siati, Scozia, Bevilacqua e D’Agostino, volava sull’acqua. Nel Campionato Regionale di Taranto abbiamo battuto i tre equipaggi della Marina Militare (due di Taranto e uno di La Spezia, inviato d’onore); all’epoca gli equipaggi della Marina Militare erano i più forti in assoluto. Ma Bepi, certo dei suoi atleti forti e ben allenati, voleva di più. E da quell’equipaggio fece uscire anche un 2 Jole: De Siati, Scozia. Sul 4 Jole salirono Natuzzi e Lorenzoni. Ma non fu una scelta azzeccata: ai Campionati Italiani di Chiusi il 2 Jole non entra in finale e il 4 Jole si posiziona ai piedi del podio, proprio dietro quei tre equipaggi della Marina che avevamo umiliato un paio di mesi prima. Peccato, ma che storia!

L’istruttore dal cuore grande

Vito non è solo un atleta e un cronista, ma anche un grande istruttore. Negli ultimi mesi, si è dedicato con amore e dedizione ai ragazzi speciali, affiancando Pinuccio Martinelli, suo compagno di barca sul Doppio Master. Con il suo spirito instancabile, trasmette ai suoi giovani atleti il vero significato dello sport: divertimento, impegno e, perché no, anche qualche risata!

Vito e Pinuccio, Campioni d’Italia 2013 sul Doppio Master

Un uomo dai mille talenti

Come se non bastasse, Vito ha anche la voce d’oro! Fa parte dei Sounds Cool, un gruppo vocale che spazia dal gospel alla musica leggera. Se lo vedi con un microfono in mano, preparati a emozionarti (o a cantare con lui)!

I Sounds Cool in una delle tante rappresentazioni

Il blogger del canottaggio

Non contento di tutto ciò, Vito racconta le gesta del CUS Bari e non solo sul suo blog vitodagostino.altervista.org. Con il suo stile appassionato e la sua conoscenza enciclopedica, offre un punto di vista unico su questo nostro meraviglioso sport.

Un mito vivente

Vito D’Agostino è molto più di un canottiere: è un’icona, una leggenda e un amico per tutti coloro che lo conoscono. La sua passione, la sua energia e il suo cuore grande lo rendono un esempio da seguire, in acqua e fuori. Grazie, Vitèn, per tutte le onde che hai sollevato e per tutte quelle che continuerai a sollevare!

Il canottaggio ab origine

Prima della vela e del motore, il remo era l’unico mezzo di propulsione sul mare.  Le prime imbarcazioni munite di remi risalgono alla civiltà cicladica, 3mila anni prima di Cristo. Si remava per trasportare le merci, per i combattimenti in acqua, per le celebrazioni religiose… e anche per gareggiare: il canottaggio è uno degli sport più antichi del mondo.

La prima regata della storia si attribuisce ai veneziani nel 1315. Dal veneziano, infatti, prende il nome “Regata”, da riga: mettere in riga le imbarcazioni sulla linea di partenza.

Ma la più antica regata del mondo ancora in essere è la Oxford-Cambridge. Nasce a Henley nel 1829. Questa famosissima sfida fra le due università inglesi apre la strada al canottaggio moderno.

In Italia, la prima regata nazionale si disputa nel 1875 a Genova. Tredici anni più tardi, il 29 febbraio dell’anno bisestile 1888, nasce a Torino il Rowing Club Italiano, una delle prime federazioni sportive che in seguito daranno origine al CONI.

Canottieri di fine 800 su fiume Po

Nel 1891, sotto la presidenza onoraria di re Umberto di Savoia, assume la denominazione di Reale Rowing Club Italiano e, nel 1924, quella di Reale Federazione Italiana Canottaggio. Nel 1946, con l’avvento della Repubblica, assume l’attuale nome di Federazione Italiana Canottaggio (FIC).

Carlo Montù

Ingegnere e aviatore maggiore dell’esercito con una infinita passione per il canottaggio e per lo sport in genere, Carlo Montù fu presidente del RRCI dal 1913 al 1927.

Carlo Montù

Nel 1914 fu lui a proporre e a contribuire alla creazione del CONI. La sua esigenza era quella di riunire le federazioni italiane in un organismo che potesse avere giusta rappresentanza nel Comitato Olimpico (CIO). A lui è dedicato il più prestigioso trofeo di canottaggio: la Coppa Montù.

La prestigiosa Coppa Montù, trofeo nato nel 1926. In argento massiccio e opera dello scultore Monti, viene annualmente assegnato alla società con miglior punteggio nelle gare di categorie agonistiche della FIC

Anche in Europa fiorivano società remiere e, su idea della Federazione Belga, nel 1892 nacque, sulle rive del Po, la Fédération Internationale des Société d’Aviron (FISA), il più antico degli organismi sportivi internazionali.

Il primo campionato

L’attività del Rowing Club Italiano fu subito rivolta all’organizzazione di regate di Campionato d’Italia. Il primo Campionato fu disputato il 15 settembre 1889 a Stresa, sul Lago Maggiore.

I tre titoli in palio furono vinti tutti dalla Canottieri Caprera (una delle più antiche società remiere fondata nel 1883): 4 con, Singolo e 2 Con.

Il Quattro Con della società Caprera, vincitore del titolo italiano

Si correva su distanze variabili tra i 2500 e i 3500 metri. Negli anni a seguire furono aggiunte altre specialità: nel 1893 I’Otto, nel 1898 il Doppio, nel 1924 il 2 Senza e il 4 Senza. Infine, nel 1974, il Quattro di coppia. Dal 1896 in poi la lunghezza del percorso si stabilizzò sui 2000 metri per tutte le specialità (tranne alcune eccezioni per le categorie giovanili, gare con imbarcazioni da mare o in caso di conformazione o parziale inagibilità dello specchio d’acqua).

L’evoluzione del canottaggio come sport moderno

La standardizzazione delle distanze e l’introduzione di nuove specialità hanno contribuito a rendere il canottaggio uno sport sempre più organizzato e competitivo. A partire dal 1896, con la prima edizione dei Giochi Olimpici dell’era moderna ad Atene, il canottaggio è stato incluso nel programma olimpico; ma le gare furono annullate a causa delle avverse condizioni meteorologiche.

La locandina della prima edizione dei Giochi Olimpici dell’era moderna

Le prime Olimpiadi dell’era moderna furono volute dal barone Pierre de Coubertin (canottiere anche lui): in quel primo congresso olimpico nacque il CIO (Comitato Olimpico Internazionale).

Il barone Pierre de Coubertin

A questa prima edizione parteciparono 241 atleti provenienti da quattordici diverse nazioni. I vincitori ricevettero una medaglia d’argento e i secondi classificati una medaglia di rame. Più tardi il CIO assegnò le tre odierne medaglie olimpiche.

I Giochi della Prima Olimpiade furono un enorme successo e, per l’epoca, il più grande evento sportivo internazionale mai organizzato. Le Olimpiadi non tornarono in Grecia fino alla 28° edizione, nel 2004.

L’entrata del Panathinaiko e, sullo sfondo, l’Acropoli di Atene

Tornando al canottaggio, bisognerà attendere i successivi Giochi di Parigi del 1900 per vedere disputare le prime competizioni olimpiche, consolidandone il ruolo tra gli sport più prestigiosi.

La prima medaglia d’oro olimpica della storia del canottaggio italiano arrivò il 29 agosto del 1920, ai Giochi della VII Olimpiade: Ercole Olgeni (37 anni e otto medaglie continentali), Giovanni Scatturin (25 anni) timonati da Guido De Filip (15 anni, per parecchio tempo il più giovane campione olimpico).

Olgeni e Scatturin, protagonisti di questo bacio indimenticabile. Questa immagine resterà per sempre una pietra miliare nell’iconografia dello sport italiano

Il canottaggio italiano sulla scena mondiale

L’Italia ha avuto un ruolo di primo piano nella storia del canottaggio internazionale, sia grazie all’organizzazione di eventi, come i Campionati Europei di Milano del 1938, sia grazie agli atleti che hanno portato il tricolore ai vertici del mondo. Tra i più celebri ricordiamo la leggenda degli Abbagnale, i fratelli Giuseppe e Carmine: tesserati con la Canottieri Stabia, allenati dallo zio, nonché DT, Giuseppe La Mura e timonati dal grande “Peppiniello” Giuseppe Di Capua, hanno vinto due ori olimpici (Los Angeles 1984 e Seul 1988) e sette titoli mondiali nel “Due con”. Mitiche le cronache del giornalista sportivo più famoso nel mondo del canottaggio (e non solo), Gian Piero Galeazzi (non a caso canottiere anche lui).

In questa foto (canottaggio.org), da sinistra, Agostino Abbagnale (il terzo fratello, anche lui campione olimpico), Giampiero Galeazzi e Davide Tizzano (oro olimpico e attuale presidente FIC)

Qui una delle tante telecronache di Galeazzi: Seul 1988

Merita un capitolo a parte la storia delle tredici stagioni di successi degli Abbagnale (dal 1981 al 1993): grazie ai Fratelloni il canottaggio è balzato alla ribalta delle cronache sportive di primo piano e del cinema (ricordiamo il film con Raul Bova). Giuseppe ha ricoperto per due quadrienni la carica di presidente federale.

I Fratelloni d’Italia con Peppiniello Di Capua

Fra i super campioni del canottaggio italiano non possiamo non citare un enorme Ruggero Verroca (C.C. Barion): ha lasciato il segno con i suoi 5 titoli mondiali sul Doppio PL in coppia con Francesco Esposito e uno sul singolo, nel 1985.

Le nuove frontiere del canottaggio: il Coastal Rowing

Negli ultimi decenni, il canottaggio ha ampliato i suoi orizzonti con l’introduzione di nuove discipline che hanno reso lo sport ancora più inclusivo e spettacolare.

Il canottaggio costiero è nato in Francia sul finire degli anni ’80 da un’idea del navigatore oceanico Gerard D’Aboville. Si è reso “necessario” per rispondere alla crescente passione per il canottaggio in mare aperto. Pensato per affrontare condizioni più impegnative rispetto alle acque calme dei campi di regata tradizionali, il Coastal Rowing si disputa su percorsi di varie lunghezze e ricchi di curve. Molto spettacolare il Beach Rowing, con partenza e arrivo in spiaggia. Il Coastal Rowing sta crescendo rapidamente, tanto che sarà incluso nel programma olimpico a Los Angeles 2028.

Un’immagine di una gara di Beach Rowing agli ultimi campionati mondiali di Barletta

Le altre specialità: Indoor Rowing

L’Indoor Rowing ha origini strettamente legate alla necessità di allenamento degli atleti durante i mesi invernali o in condizioni climatiche avverse. L’idea di simulare il movimento del remo risale al XIX secolo, ma è negli anni ’60 del Novecento che l’Indoor Rowing inizia a prendere forma con strumenti più sofisticati.

I primi dispositivi erano rudimentali e utilizzavano carrucole, molle, corde e pesi per imitare la resistenza dell’acqua. Tuttavia, fu negli anni ’80 che questa specialità conobbe una svolta decisiva grazie all’americana Concept2, che introdusse il suo primo modello di remoergometro nel 1981. Questo strumento, dotato di un sistema di resistenza ad aria, rivoluzionò l’allenamento per canottieri e atleti di altre discipline, rendendolo più accessibile e preciso.

Negli anni successivi, l’Indoor Rowing si è trasformato in una disciplina sportiva a sé stante, con competizioni ufficiali come i Campionati Mondiali (il primo si tenne nel 1990) e l’integrazione di questa attività nei programmi di fitness di palestre e centri sportivi.

Le gare di Indoor Rowing si disputano nei palazzetti dello sport

Oggi, l’Indoor Rowing è praticato a livello globale, apprezzato per i suoi benefici completi sul corpo e sull’apparato cardiovascolare. La tecnologia ha continuato a evolversi, con modelli di remoergometri sempre più avanzati e connessi via web, rendendo questa disciplina non solo un mezzo di allenamento, ma anche un’esperienza interattiva e coinvolgente.

L’età non conta: la categoria Master

Anche i canottieri meno giovani trovano spazio in competizioni sempre meglio strutturate grazie alla categoria Master, dedicata agli atleti dai 27 anni in su. Questa categoria, suddivisa per fasce d’età, ha visto negli ultimi anni una forte espansione. Il movimento Master è diventato sinonimo di longevità sportiva e aggregazione, con eventi come i Campionati Mondiali Master che richiamano migliaia di partecipanti da tutto il mondo.

I Mondiali Master di Varese nel 2013

La possibilità di gareggiare su diverse distanze e in un’atmosfera meno pressante rispetto alle competizioni agonistiche rende questa categoria un simbolo della passione senza età per il remo.

Palestra? No grazie: preferisco il Canottaggio

Il canottaggio è sempre stato prerogativa dei giovani: si consiglia di cominciare l’attività preagonistica già dai nove anni per sviluppare, via via, forza fisica e mentale adatta ad affrontare sfide sempre più importanti fino ai 30 anni e, magari, fino alle Olimpiadi. Ma da diversi anni le società remiere hanno aperto le porta anche a chi vuoi avvicinarsi a questo sport in età adulta. I corsi di canottaggio per adulti avvicinano sempre più persone amanti dello sport all’aria aperta.

Il canottaggio oggi: tradizione e innovazione

Nel corso dei secoli, il canottaggio ha mantenuto il suo legame con la tradizione, pur evolvendosi in uno sport moderno e altamente competitivo. Lo spirito pionieristico dei suoi fondatori, come Carlo Montù, e l’impegno delle società sportive continuano a ispirare nuove generazioni di atleti, che si sfidano con passione sui campi di regata internazionali fra Coppa del Mondo, Campionati Mondiali e Olimpiadi.

Come in tutti gli sport, anche nel canottaggio l’introduzione di materiali innovativi (Kevlar, fibra di vetro e poi il carbonio) ha trasformato le antiche imbarcazioni in legno in veri e propri bolidi, rendendole più leggere e veloci, mentre la tecnologia in palestra e la scienza negli allenamenti hanno permesso agli atleti di raggiungere livelli impensabili in passato.

Nonostante i cambiamenti, il canottaggio conserva il suo fascino originale: un connubio unico tra forza fisica, precisione tecnica, testa e armonia con la natura. Così, questo sport continua a unire tradizione e modernità, mantenendo viva una storia che affonda le sue radici nei millenni e che ancora oggi affascina e ispira.

Bari, culla del canottaggio pugliese

Una storia lunga oltre un secolo

Bari, con il suo splendido lungomare tra i più lunghi e affascinanti dell’Adriatico, è sempre stata una città legata al mare. Non sorprende, dunque, che proprio qui sia nato, oltre 140 anni fa, il canottaggio pugliese. Una disciplina che, nel tempo, ha intrecciato la sua storia con quella del territorio, trasformandosi in un simbolo di passione e resilienza.

Le origini: l’arrivo di Igino Pampana

Correva l’anno 1893 quando il dottor Igino Pampana, medico milanese trasferitosi a Bari come medico provinciale, diede vita a un progetto visionario. Grande appassionato del mare, Pampana fondò il sodalizio “Italia”, che offriva ai canottieri locali la possibilità di competere sotto una bandiera comune. L’associazione, però, non riuscì a superare le difficoltà economiche e si sciolse nel giro di pochi mesi.

Nonostante il fallimento iniziale, Pampana non si arrese. Nel novembre del 1894 fondò il Circolo Canottieri, con sede in via Abate Gimma 104, che poco dopo si trasferì in un capannone in legno sul mare per facilitare le attività remiere. Questo spazio, semplice ma funzionale, divenne il cuore pulsante del canottaggio barese.

La prima sede del Reale Circolo Canottieri Barion, in legno, e ‘Nderrelalanze

Il Barion e i suoi successi

Il Reale Circolo Canottieri Barion, nato nel 1899, vide subito un crescendo di successi sportivi. Il Principe di Napoli, futuro re d’Italia, ne divenne presidente onorario, conferendo prestigio al sodalizio. Sotto la guida del marchese Giuseppe Romanazzi Carducci, il club vide il suo primo equipaggio di successo, i celebri Trabaccolanti.

Questo equipaggio, composto da Paolo Diana, Gaetano Caccavallo, Giuseppe Nacci, Vittorio Narducci e Peppino Lissona al timone, conquistò nel 1901 a Zurigo il primo titolo europeo per un’associazione italiana, nonostante uno stile di vogata considerato poco elegante ma straordinariamente efficace.

I Trabaccolanti, campioni a Zurigo il 17 agosto 1901
Il Quattro con del Barion sullo specchio d’acqua antistante la prima sede del Circolo
Il trofeo “Trabaccolanti”

Gli ostacoli e la rinascita

In un’epoca in cui le attività sportive non erano centrali per la vita sociale, soprattutto nel Sud Italia, il canottaggio trovò comunque il modo di radicarsi. Merito di una rete di soci appassionati che sostennero la costruzione di una nuova sede in stile Liberty, simbolo di rinascita e speranza.

Nel 1930, con il progetto dell’architetto Saverio Dioguardi, venne realizzata l’attuale sede del Barion, una struttura a forma di nave situata lungo il molo San Nicola. L’opera si inseriva nel contesto del nuovo lungomare progettato da Araldo Di Crollalanza, podestà di Bari e ministro dei lavori pubblici, che trasformò la costa cittadina in un simbolo di eleganza e modernità.

L’imbarcadero del Barion: alla fine del molo San Nicola si vede il ristorante Posillipo.
La seconda sede del Barion, nel 1923, appena costruito il lungomare, alla radice del molo san Nicola, dove ora c’è il giardino di ‘Nderrelalanze. Sulla destra il Circolo Tennis Skating Club
Inaugurazione della nuova sede del Reale Circolo Canottieri Barion alla presenza di Araldo di Crollalanza

Un’eredità che guarda al futuro

Dal Barion sono nati protagonisti che hanno segnato la storia del canottaggio pugliese e italiano. Tra questi, i fratelli Gianoccaro, fondatori del circolo Promonopoli, e Ignazio Lojacono, figura chiave per lo sviluppo del canottaggio universitario con il Cus Bari.

Oggi, il Circolo Canottieri Barion e il Cus Bari continuano a rappresentare un punto di riferimento per lo sport e la cultura del mare, mantenendo viva una tradizione che affonda le sue radici in un passato glorioso e che guarda con entusiasmo alle sfide del futuro.

La passione per il mare e lo sport non si spegne: a Bari, il canottaggio è molto più di una disciplina, è parte integrante della sua identità.